Già dal 2008 o anche prima i dati, pur mascherati e non sempre condivisi pubblicamente con facilità ci sono e sono certi. E’ necessario che quel po’ di politica ancora sana esistente, prenda la decisione finale e chiuda il capitolo TAV
Confido che il Trentino non debba sopportare le difficoltà emerse in altre zone del territorio italiano (Piemonte/Val di Susa, in particolare, ma anche altre).
Difficoltà derivate principalmente dal mancato coinvolgimento delle popolazioni interessate. Il Trentino ha la maturità sociale per evitare alla gente l’incertezza e la preoccupazione vissute da altri lungo sentieri analoghi a questo.
La proposta TAV non è però mai stata partecipata e condivisa e questo ci preoccupa come le dichiarazioni che la realizzazione dell’opera è ormai cosa decisa.
E’ necessario considerare che l’ attuale linea ferroviaria del Brennero è utilizzata per un terzo del suo potenziale allo stato attuale, senza considerare le possibilità di rinnovo della stessa con criteri di modernità e conseguente ampia possibilità di soddisfare ogni necessità di trasporto.
Abbiamo il mondo agricolo che preme giornalmente sulla convenienza di consumare le produzioni locali per motivi economici (valorizzare il lavoro locale) igienico sanitari (certezza dei luoghi e metodi produttivi, freschezza dei prodotti), ambientali (connessi con quelli economici per quanto riguarda risparmio di combustibili e KM percorsi). La TAV svilirebbe tutta questa aspettativa di preservazione delle peculiarità qualitativa del territorio.
Il trasporto merci su gomma sulla tratta dell’A22 continua a ridursi ogni anno. I 35 milioni di tonn di merci all’anno che viaggiano sull’asse del Brennero diminuiscono costantemente.
Il mondo delle produzioni locali non necessità di grandi velocità. Che i prodotti industriali trentini giungano a destinazione in tempi ridottissimi non serve a creare valore aggiunto. Che siano pneumatici, principi chimici o materiali tecnologici non soffrono se il viaggio dura sei ore anziché tre.
Enormi le sezioni di scavo da 15 metri di diametro. Un chilometro di questo scavo produrrebbe più di 180.000 mc di materiale di risulta. Dove lo mettiamo è la domanda che non può essere risolta con l’idea del riutilizzo perché è praticamente impossibile viste le quantità e anche a causa della qualità del prodotto che non si sa quale possa essere.
L’acqua. L’acqua è un valore aggiunto delle comunità trentine.
Rinunciare o anche solo ridurre la portata delle falde e delle sorgenti acquifere porterebbe ad una situazione di sofferenza inaccettabile.
Il problema dell’intercettazione di falde acquifere e la conseguente loro perdita è irrisolvibile.
Impossibile qualsiasi studio preventivo certo. Non esiste geologo al mondo in grado di prevenire tale eventualità. Eventualità che non verrebbe scongiurata nemmeno dalla preventiva esplorazione. Già i tunnel esplorativi, anche per la loro consistenza volumetrica (circa 6 metri di diametro 28.000 mc di materiale e 5.000.000 di euro di spesa al KM) sono in grado di danneggiare irrimediabilmente le portate idriche di falda. E’ dichiarato ufficialmente dai tecnici provinciali che la conoscenza dei reali impatti idro geologici si potrà conoscere solo dopo lo scavo dei tunnel esplorativi. E una volta scavati questi tunnel sarebbe troppo tardi ed il danno irrimediabile compiuto.
E per finire il costo economico. In questo periodo nero buttare al vento risorse per miliardi di euro è fuori ogni logica sociale.
La politica seria deve dire FINE.
RIVOLUZIONE CIVILE – INGROIA SI IMPEGNA ANCHE IN QUESTO.